Viviamo in una società globalizzata e liquida dove i fenomeni sociali ed economici tendono a acquisire un carattere mondiale e si diffondono a macchia d’olio grazie all’ausilio dei mass media, sintesi e simbolo di questo vento di innovazione, spesso veicolo di fake news. Questa società ha realizzato un “sistema mediatico”, un insieme di organizzazioni e strutture che si occupano di diffondere informazioni e notizie in cui, nell’era della globalizzazione, tutti noi siamo inconsapevoli o consapevoli spettatori di comunicazione in cui televisione, social network e stampa hanno modo di manipolare e plasmare i nostri pensieri e le nostre opinioni, indirizzandoci verso quelle che devono essere le cose da dire o da pensare. In questo sistema se uno non è d’accordo con il potere politico ed economico, organizzato, resta fuori dal mondo, viene tagliato fuori. Questo “sistema mediatico” controlla e manipola l’opinione pubblica, quindi controlla la democrazia, spesso cancellandola. Il popolo – la totalità delle donne e degli uomini che rappresentano l’umanità – non conta più! Tutto è in mano ad una minoranza di persone che pensa solo ad arricchirsi e gestire il potere.
Sono sicuro che i lettori ricorderanno il romanzo di Aldous Huxley, “Il mondo nuovo”, in cui si immagina una società piuttosto agghiacciante, in cui viene raffigurato un mondo basato sul condizionamento e sulla ingegneria genetica. Nel romanzo gli uomini, allevati in vaso, fin da quando sono in forma di embrione, ovvero molto prima della nascita, vengono sottoposti a dei condizionamenti per far loro amare ciò che sarà il loro destino e detestare ciò che non sarà per loro. Ogni embrione ha già il futuro disegnato: il lavoro, la classe sociale, le passioni, i gusti, i desideri “… tutto è già pronto per lui, e tutto è già stato scelto per lui dalla società”. Grazie al condizionamento amerà ciò che deve amare! Era il 1932 quando Huxley pubblicò questo romanzo e aveva visto più lontano di quello che lui stesso poteva immaginare: il condizionamento e l’orientamento dei desideri è diventato realtà e già da molti anni è cominciata questa grande tendenza, questa moda, questa scienza e quest’arte del condizionamento delle masse attraverso la comunicazione.
Oggi si è letteralmente dipendenti da internet e ciò è effetto della cosiddetta ‘rivoluzione digitale’ e, allo tesso tempo, causa della follia della società. Sempre più numerosi sono i soggetti “drogati di cellulari”, manovrati dal potere apparentemente innocuo, perché nascosto, di questo strumento geniale e talvolta diabolico. La conseguenza più grave è di certo rappresentata dall’influenza pericolosa dell’abitudine, la quale comporta l’insorgere della monotonia e che decreta la perdita di percezione del mondo esterno con gravi risvolti anche nell’ambito della vita pratica. Noto, infatti, soggetti che sono manovrati dal consumismo e dalle vendite pilotate grazie alla persuasione dei media accessibili dai cellulari, individui assoggettati a quelle tecniche di mercato che ledono la loro dignità economica. In sintesi, la dipendenza dal proprio cellulare alimenta in maniera negativa il fenomeno dell’incontrastata omologazione sociale. I social network, se utilizzati con razionalità, possono rappresentare una palestra dove allenare la propria creatività, la capacità di rielaborazione, nonché la ricerca e lo sviluppo del proprio spirito critico; ma, allo stesso tempo, vi è anche un aspetto oscuro di questa dimensione, legato a gravi fenomeni che partono tutti dallo stesso punto di partenza: le fake news e le manipolazioni degli eventi. Siamo di fronte ad una vera e propria disinformazione della psiche umana, poiché le fake news mirano a rafforzare le ideologie già insite nel soggetto, contrastando la capacità di confronto. Cookie ed algoritmi monitorano l’utente in rete per individuarne l’obiettivo e, mediante la sedimentazione dei contenuti, filtrano le notizie da mostrare: il sistema indirizza l’utente al profilo di altri utenti che ne condividono idee ed interessi, soddisfacendo il bisogno di approvazione. In piena pandemia, ad esempio, la produzione eccessiva di informazioni non certificate riferite al Covid-19 ha disorientato ed aumentato le incertezze su sintomi, vaccini. Oggi nel mezzo della guerra in Ucraina e in tanti altri posti del mondo, sono continue le notizie che intendono distorcere le notizie vere. I capi di stato stanno facendo passare la notizia che la pace non è di questo mondo, che la guerra è uno strumento indispensabile, proprio dell’umanità. Questo diabolico “sistema mediatico” prova a convincerci che i giovani sono fannulloni, che i migranti sono dei terroristi, che le donne sono meno intelligenti dei maschi, che la Terra è piatta.
Un tempo ad informare i cittadini, ad orientarli, a guidarli nella costruzione di una propria immagine della realtà c’erano la carta stampata, la radio, la televisione; oggi ci sono anche e soprattutto il web e i social media, che rispondono ad almeno tre esigenze ben precise che sono presenti all’interno della società: avere le notizie in ogni momento e in ogni luogo, disporre di una pluralità di fonti informative che esprimono diversi punti di vista e rendere protagonisti anche gli utenti. Il risultato è un sovraffollamento comunicativo fatto di tante notizie che nascono e muoiono velocemente, alcune delle quali non sono verificate o sono addirittura inventate con il rischio che, piuttosto che accrescere la conoscenza e la consapevolezza di un determinato accadimento, generano ansia, allarme sociale, visioni distorte della realtà e/o provocano orientamenti e comportamenti che possono avere conseguenze negative sui singoli o sull’intera comunità.
Pasolini, qualche decennio fa, ci diceva: <<Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico …>>. Cioè dalle multinazionali, dai poteri economici forti, dalle industrie delle armi, dai grandi inquinatori.
Non intendo tornare all’età della pietra, desidero che il pubblico sia ben informato e non sia ingannato. Quando arriviamo al punto in cui i social media saranno nei fatti la principale fonte di notizie, e dal mio punto di vista non siamo ancora a questo punto, la risposta reale a questi temi sarà l’educazione e l’alfabetizzazione mediatica. La tecnologia non può essere “degna di fiducia”, la tecnologia deve essere capita. E dobbiamo assicurarci soprattutto che le generazioni future saranno disposte ad entrare nella loro vita politica con la giusta comprensione di come funziona la tecnologia, del modo in cui i media e i social media funzionano, e come possono essere influenzati, e assicurarsi che siano consapevoli del valore, e dotati di modi per cercare attivamente informazioni diverse e precise. E questo non è solo in risposta alla questione della disinformazione e della propaganda, ma in realtà è semplicemente un requisito per nutrire delle menti aperte. Ci sono tuttavia alcune considerazioni che devono essere fatte per garantire che la tecnologia e internet possano contribuire positivamente, anziché negativamente, alla società. Innanzitutto, dobbiamo ripensare alla pubblicità online, che oltre ad essere un mercato tossico, è corrosivo per il diritto alla privacy, è la causa principale del condizionamento. In secondo luogo, dobbiamo coinvolgere i giganti delle tecnologie e richiedere loro apertura e democrazia. Non possiamo fare affidamento su sistemi che selezionano, danno priorità e trasportano informazioni e operano coperti da segreti commerciali. L’umanità deve appropriarsi della sua intelligenza e far prevalere i valori di giustizia, di uguaglianza e di amore nei confronti dell’ambiente che la circonda.
Anche se queste mie considerazioni potrebbero non apparire una questione immediata adesso, occorre stare molto attenti e non sottovalutare il problema. Tutte e tutti sappiamo che sarà difficile portare indietro le tecnologie dopo che sono state in vigore per anni, dobbiamo invece assicurarci di costruirle in armonia con principi etici e sociali fin dall’inizio.
Gerardo Malchionda