C’è un dato che viene sottaciuto o poco approfondito. Quattromila italiani, l’80% maschi, decidono di togliersi la vita. Certamente la solitudine (o il percepirsi solo) è alla base di una così tragica scelta. Depressione, difficoltà economiche, senso di vuoto, prostrano quanti non riescono a reagire.
Vi è poi il dramma di chi resta. Vi consigliamo la lettura del libro di Matteo B. Bianchi: La vita di chi resta. Ecco quanto scrive l’autore (il libro è edito dalla Mondadori.
Ci sono molte ragioni che possono spingere un autore a scrivere un libro: nel mio caso si è trattato principalmente di un senso di responsabilità. Sentivo che dovevo farlo, e non tanto per me, ma per tutti coloro che sono stati chiamati a vivere un’esperienza simile alla mia, senza mai trovare dei libri nei quali identificarsi e ritrovarsi. La vita di chi resta affronta il tema, delicato e dolorosissimo, di chi perde qualcuno che ama per suicidio.
Ciò che si prova in quei momenti rasenta l’indicibile, forse per questo non ne parla quasi nessuno. Un atto che provoca una voragine nella propria vita, un dolore che trascina con sé tutto il resto e per il quale non esistono neppure protocolli scientifici specifici di sostegno. Chi soffre si sente abbandonato e incompreso, a volte se ne vergogna persino e lo nasconde agli altri.
Un silenzio che sentivo fosse necessario spezzare.
Ma La vita di chi resta è anche una riflessione sulla scrittura, su quanto sia giusto e necessario per chi scrive trovare i tempi e le parole per affrontare l’abisso e riportarlo sulla pagina, per cercare di dargli un senso e forse una forma di accettazione. La ricerca di una possibile salvezza.
Matteo B. Bianchi