Mio padre è nato a Lauria e per me è sempre stato l’immagine del meglio della Basilicata. Un uomo ben fatto come la sua terra. Una persona piena di belle promesse, di entusiasmo ed ambizioni che nella mia immaginazione gli venivano dalle sue valli sotto gli appennini lucani, le strade buie e silenziose di notte, l’aria pulita. Eugenio, ben nato di nome e di fatto, aveva – per me che crescevo nel disfattismo napoletano degli anni ’80, quell’aurea di positività a misura d’uomo, del bel vivere senza eccessi che avvertivo ogni volta che tornavamo a Lauria dove potevo correre liberamente dal giardino alla strada perché non c’erano separazioni tra un dentro di recinzioni scavalcabili con le galline e l’odore di pane appena fatto ed un fuori di strade di gente che camminava a piedi, si salutava, si conosceva.
Venivamo a Lauria ogni Natale, Pasqua, tutte le estati ed ogni volta che c’era vacanza, tutti in macchina per tornare nel paese che sapeva di buono. “Qui la gente ha senso civico”- diceva mio padre ed era vero. Rispetto alla Napoli che vivevo io,chiassosa, anarchica, dove non funzionava niente e l’atteggiamento comune era la resa, a Lauria si avvertiva la voglia di fare le cose bene. Ricordo ancora quei pochi mesi passati qui da terremotata. A scuola si poteva andare e tornare a piedi, la merendina a ricreazione non la vendevano, la regalavano. Si pranzava, si socializzava, si veniva anche interrogati. A Napoli, più di 30 alunni per classe, la maestra non mi aveva mai chiamata alla lavagna. A Lauria si viveva la classica vita di provincia che porta avanti l’italianità nel mondo, mettendo su persone come mio padre: professionisti preparati, pieni di buone intenzioni, che restano attaccati alle proprie origini e portano avanti le proprie tradizioni.
Cos’è successo in questi ultimi 40 anni? Come mai, quando torno, sento solo rumori di strada? Di macchine, camion e moto che passano non stop a velocità non consentite? Come fa ad esserci puzza di smog in un paese immerso nel verde che, con le frazioni non conta più di 11.000 abitanti? Come vai vedo ovunque case vuote vecchie e nuove? E i terreni agricoli trasformati in edificabili dove si riproducono palazzacci di colori e stili diversi uno accanto all’altro, senza criterio? La corsa alla speculazione edilizia che in tutta Italia ha seminato carcasse di cemento, tanto inutili quanto spettrali, sembrava avesse risparmiato questa piccola parte di mondo, ed invece è arrivata solo tardi, come il colpo di coda di chi vuole sbagliare perché tanto l’hanno fatto anche gli altri. Per strada la gente è sparita, si va tutti in macchina. Nel centro storico, le zone pavimentate sono sepolte dalle macchine spesso lasciate accese, mentre i proprietari vanno a fare le proprie faccende indifferenti ai combustibili che scaricano nell’aria GRATUITAMENTE. Basta salire in macchina a Lauria e ci si sente PADRONI alla vecchia maniera. Padroni di non rispettare i limiti di velocità, di non fermarsi alle strisce, di andare dove si vuole, parcheggiare dove fa più comodo e fare il rumore che si vuole, anzi di più. Tanto autorità ed amministrazioni lasciano fare. Si sono arrese?
Dov’è finito il senso civico di cui parlava mio padre quando mi spiegava perché ad una vecchia capitale piena di storia come Napoli, lui preferiva la sua piccola provincia di sostanza, modestia, rispetto?
I centri piccoli hanno un grande vantaggio rispetto alle città: sono governabili. Possono offrire, in teoria, una quotidianità più ordinata, meno stressante e, se collegati bene con i centri in cui c’è più offerta di lavoro, attrarre tutte quelle famiglie che vogliono dare ai propri figli un’infanzia ed adolescenza lontani dal cemento, dallo smog, dai rumori, dal consumismo selvaggio (anche culturale), dall’approssimazione. Se i centri piccoli non si rendono attraenti tutelando l’ambiente, il territorio, le tradizioni, ma ambiscono a scimmiottare la città, sono destinati ad essere abbandonati. Sta succedendo anche qui.
Maria Pia Masella