I personaggi illustri di Lauria

BIOGRAFIA LORENZO BRANCATI

Giovanni Francesco Brancati nacque a Lauria il 10 aprile 1612. Visse un’infanzia serena seppur con qualche problema di salute. Nel quartiere Sanseverino era noto con il nome di “Gianfrancesco”. Al compimento del diciottesimo anno d’età mutò il nome in Lorenzo. I suoi primi studi si svolsero a Lauria presso la Parrocchia di San Giacomo sotto la guida dell’avvocato Aquilante Vitale. Nel 1630 entrò nell’Ordine dei frati minori conventuali.  Per diversi anni studiò nel bellissimo convento di Noia (Noepoli). Nel 1634, dopo una proficua permanenza pugliese, viste le sue straordinarie qualità, fu inviato a Roma. Conseguì la laurea nel 1637 presso il collegio di San Bonaventura. Nel 1647 divenne Segretario dell’Ordine dei frati minori conventuali con il titolo di provinciale d’Irlanda. Fu al servizio dei ben sei Papi. Papa Innocenzo X lo nominò lettore di teologia alla Sapienza. Papa Clemente X lo nominò custode della Biblioteca Vaticana. Fu creato Cardinale da Papa Innocenzo XI nel 1681. Si narra che… “A Roma anche le pietre batterono le mani”. Straordinaria fu la sua amicizia con Frà Giuseppe da Copertino “il Santo dei voli”. Il Cardinale lucano ne avviò il processo di Beatificazione. Tra le sue opere più importanti il trattato De Incarnatione e il De Oratione Christiana, che può essere considerato il suo capolavoro. Papa Benedetto XIV affermò che “mai era stato scritto niente di più chiaro, di più sottile, di più sicuro”. Il dogma della “Immacolata Concezione” ha trovato una radice profonda negli studi del frate lucano innamorato della figura della Madonna.  Nel Conclave che seguì alla morte di Papa Innocenzo XI, avvenuta il 12 agosto 1689, il Cardinale Brancati ebbe 15 voti e forse sarebbe stato eletto al soglio pontificio se non vi fosse stato il veto posto dai reali di Spagna. Il 30 novembre 1693 il Brancati cessò l’esistenza terrena in Roma dove fu sepolto presso la basilica dei Santi Apostoli, che aveva fortemente contribuito a restaurare.  Il 25 novembre 2006, un gruppo di oltre 300 laurioti si è ricongiunto al Cardinale nella basilica dei Santi XII Apostoli a Roma alla presenza del Vescovo di Tursi-Lagonegro Francesco Nolè. Il 7 dicembre 2006 è stato scoperto un monumento raffigurante il frate cardinale in Piazza San Giacomo a Lauria. Nel 2016 è stata inaugurata una  biblioteca in suo onore nel Palazzo Marangoni alla presenza dell’Arcivescovo di Cosenza Nolè che ha piantumato un ulivo proveniente da Assisi a sottolineare il forte legame del Brancati per il Sacro convento francescano (la pianta è stata benedetta proprio dal Custode padre Mauro Gambetti divenuto poi cardinale).  Nella chiesa di San Giacomo è conservata una lapide commemorativa per ricordare  ai posteri l’impegno profuso per la valorizzazione di una figura straordinaria.

 

BIOGRAFIA DOMENICO LENTINI

Il Beato Domenico Lentini nacque a Lauria il 20 novembre 1770 da Macario e Rosalia Vitarelli. Venne battezzato lo stesso giorno della nascita come si usava fare al tempo. A quattordici anni seguì la vocazione del sacerdozio; la sua formazione culturale avvenne nel paese natìo e al Seminario di Policastro. Nel 1793 venne ordinato diacono a Mormanno. Nella festa di Pentecoste dell’8 giugno 1794, fu ordinato sacerdote nella Cattedrale di Marsiconuovo. Sempre disponibile per il sacramento della Penitenza, ascoltò assiduamente le confessioni dei fedeli, si dedicò con tutte le sue forze all’evangelizzazione, non solo a Lauria, ma nella sua diocesi ed in quelle limitrofe. Ebbe un particolare legame con i giovani; amava accompagnarli  sul colle dell’Assunta e all’eremo di Sant’Elia.  Era noto anche per la sua grande generosità, molto spesso si privava di quel poco che aveva per venire incontro ai poveri. Si sacrificava quotidianamente, ai limiti della eroicità, pur di alleviare le sofferenze del prossimo. Visse i rivolgimenti politici di inizio ‘800 che coinvolsero anche Lauria. Issò nel centro del paese la croce al posto dell’albero della libertà e si prodigò per scongiurare l’eccidio di oltre mille laurioti per mano francese in occasione del passaggio delle truppe del generale Massena. Il “Sacco di Lauria” fu certamente uno dei momenti più drammatici della vita del Lentini. Una esistenza nella quale si percepirono chiaramente i segni del soprannaturale.  Tanti infatti furono gli episodi straordinari che ne accrebbero la stima generale da parte delle popolazioni delle valli che ne hanno tramandato un ricordo luminoso.  Morì, all’età di 57 anni il 25 febbraio 1828 dopo un vero e proprio calvario durato più giorni.  Sul cadavere rimasto insepolto per otto giorni, si verificarono dei prodigi che resero ancora più illustre la fama della sua santità. La salma per più giorni emanò profumi gradevolissimi avvertiti dai tanti fedeli che si avvicinarono al corpo per intingere i fazzoletti nei rigagnoli di sangue presenti sul corpo.  Nel 1842 il vescovo della diocesi di Policastro, Mons. Laudisio, iniziò il processo canonico. Il 27 gennaio 1935 vennero promulgate le Eroicità delle Virtù e Papa Pio XI lo proclamò “Venerabile”. Il 12 ottobre 1997 Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, lo ha proclamato “Beato” elevandolo agli onori degli Altari. Un altro evento importante per l’affermazione della figura del Lentini è stata certamente  il Giubileo del 2000 che ha permesso di riqualificare i luoghi significativi del passaggio terreno del Beato. La valorizzazione del quartiere Cafaro ha certamente dato un impulso al culto e alla devozione del sacerdote lucano.

 

 

 

BIOGRAFIA NICOLA CARLOMAGNO

Nicola Carlomagno nacque a Lauria nel 1761. Visse un’infanzia serena, appartenendo alla classe borghese della città. Appena ventenne conseguì la laurea in Legge all’Università di Napoli. Per non allontanarsi dai numerosi amici, le cui idee collimavano con le sue, volle rimanere nel capitale partenopea dove ben presto si affermò come avvocato. Liberale convinto, partecipò alla nascita ed alla costituzione della Repubblica Partenopea nel 1799.La vita della neonata Repubblica fu però travagliata fin dagli inizi: mancò l’adesione popolare e quella delle province non occupate dall’esercito francese. Molte leggi non vennero attuate in conseguenza del repentino crollo della Repubblica. Il Cardinale Fabrizio Ruffo sbarcò in Calabria con l’assenso regio, riuscendo a costituire in poco tempo un’armata popolare (l’Esercito della Santa Fede) che si impadronì rapidamente della Calabria, della Basilicata e delle Puglie. Nell’esercito di Ruffo militarono anche diversi briganti come Fra Diavolo, Panedigrano, Mammone e Sciarpa, che si distinsero per i metodi feroci e sanguinari.  Nel frattempo una squadra navale inglese tentò la conquista dal mare, ma dopo una breve occupazione dell’isola di Procida  le navi comandate dall’ammiraglio Francesco Caracciolo, un ex ufficiale della marina borbonica, si ritirarono. I repubblicani, sempre più soli, tentano di difendersi contro l’armata sanfedista che giunge da Sud e che riprese il controllo di Napoli. Gruppi di patrioti asserragliatesi Castel dell’Ovo, Castel Nuovo e Castel Sant’Elmo dovettero, loro malgrado, arrendersi. Iniziarono subito i processi contro i repubblicani: su circa 8.000 prigionieri, 124 vennero mandati a morte, 6 furono graziati, 222 condannati all’ergastolo, 322 a pene minori, 288 alla deportazione e 67 all’esilio. Tra i condannati vi furono alcuni tra i nomi più importanti della classe borghese e intellettuale di Napoli, provenienti da diverse province meridionali, che  diedero vita alla Repubblica tra i quali il lauriota Nicola Carlomagno. Fu il primo lucano a subire la morte per impiccagione; il cadavere  fu gettato, senza riguardo, in una fossa comune.  Ma ulteriori guai si addensarono per la famiglia del Carlomagno: furono confiscati tutti i beni della famiglia, che cadde nella più squallida miseria. Nel 1899, al compimento del centenario della morte, l’Amministrazione Comunale di Lauria lo ricordò ai posteri con una lapide posta sulla facciata del Teatro che sorgeva in via Roma.

 

BIOGRAFIA RUGGIERO  DI LAURIA

Ammiraglio di Sicilia e di Aragona sotto Pietro Giacomo e Federico D’Aragona, Ruggero nacque a Lauria il 17 gennaio 1250. La sua qualità fu il genio militare e navale che gli permise di vincere tutte le battaglie in cui s’impegnò.A parte le cronache del tredicesimo secolo, diverse fonti hanno testimoniato la grandezza e la storicità del “gran capitano”: i documenti diplomatici, le fonti letterarie, le notizie degli storici moderni, l’archeologia. Costanza, la figlia di Manfredi, che nel 1262 aveva sposato Pietro III d’Aragona, accampando diritti di successione sul regno di Sicilia, faceva continue pressioni sul marito perché recuperasse con la forza le terre che erano state strappate al padre. La sollevazione del Vespro (lunedì di Pasqua 1282), provocato, dalle violenze angioine, aveva indotto i palermitani  a scacciarli da tutta l’isola. Era l’occasione che Costanza aspettava per vincere le ultime resistenze del marito, che, ascoltando i consigli del giovane Ruggiero di Lauria, preparò un piano per attaccare la Sicilia. Certamente quel giovane, già titolato, godeva a tal punto della stima del suo re da essere ritenuto tra i suoi più fidati consiglieri. Di Ruggiero, gli storici del tempo dissero: “Nessun marinaio, nessun guerriero, lo superò mai nelle virtù militari e navali e nelle tante vittorie. Di statura piuttosto piccola, ma forte; di portamento grave ed equilibrato, dimostrò fin da giovanetto di essere destinato ad un avvenire pieno di dignità, di autorità e di gloria. Nelle manifestazioni competitive, nei tornei, nelle gare, nessuno poteva eguagliarlo e tantomeno superarlo nell’eleganza del suo comportamento, nella sua forza, nella sua destrezza Altri ricercatori hanno affermato che Ruggiero crebbe, robusto nella persona, nella corte armigera d’Aragona e ricevette le insegne di cavaliere dalle mani dell’Infante, quello stesso che, divenuto re col nome di Pietro III, lo nominò in seguito “ammiraglio di Aragona e di Sicilia” pronunciando tali parole, come si legge nella Cronaca del Muntaner: “Ruggiero, tua madre donna Bella ha servito molto bene la Regina, mia augusta compagna, come nutrice e donna di compagnia. Tu sei vissuto alla mia corte ed hai ricevuto una educazione da principe. Guidato dalla grazia divina ti affido l’insegna dell’ammiragliato, sicuro che illustrerai la mia bandiera”. Giacomo Racioppi ha affermato: “Ruggiero di Lauria, celeberrimo uomo di mare del secolo XIII, grande ammiraglio di Sicilia e di Aragona, sotto Pietro, Giacomo e Federico, aragonesi, re di Sicilia, battè tante volte, che è difficile ricordarle tutte, provenzali, francesi e pugliesi della flotta di Carlo d’Angiò, nelle Acque di Napoli, di Malta, di Sicilia, di Linguadoca, di Catalogna. fu il più grande uomo di mare dei mezzi tempi fino ad Andrea Doria”.

Mori il 17 gennaio 1305 a Valenza ( Spagna ) dove fu sepolto.

 

 

 

BIOGRAFIA DI BENIAMINO CALCAGNO

Il Tenente Generale Medico Calcagno nacque a Lauria nel 1854. Ben presto si  distinse tra gli studiosi della scienza medica e, nominato medico di corvetta. In seguito a concorso si incamminò verso la carriera, dove ottenne tanti ed invidiabili trionfi.   Egli contava nove anni di navigazione su Regie Navi, e due campagne di guerra. Sulla Reale Nave Cristoforo Colombo,  durante la guerra Chilo-Peruviana, prestò in quella terra transoceanica l’opera sua sapiente ai feriti dei due Eserciti. Ebbe dal Governo dell’uno e dell’altro medaglia commemorativa, mentre il Ministero della nostra Marina lo nominava Cavaliere della Corona d’Italia. Nel 1883 lo vediamo tra le rovine di Casamicciola, destinato al pronto soccorso sanitario.  Promosso Colonnello nel 1904, attese all’ organizzazione del nuovo grande ospedale Marittimo di Taranto;  passò poi  alla Direzione di quello di Spezia. Da Maggiore Generale, nel 1908, fu chiamato a Roma, ove assunse l’alta carica di capo dell’Ispettorato di Sanità Militare Marittimo ed ebbe agio di provvedere alla riorganizzazione di tutto il corpo sanitario, migliorandone le condizioni morali e di carriera ormai depresse per lungo abbandono. La sua genialità, diffusa in ogni sua opera, congiunta ad una sapienza profonda e ad una tecnica impareggiabile, gli faceva toccare il culmine della sua carriera e veniva così promosso al grado di Tenente Generale (luglio 1913). Da una sua intuizione la  istituzione della Real Scuola di Sanità Militare Marittima a Napoli, e creava una  nave-ospedale tipo che ebbe plauso indiscusso sia nella guerra Italo-Turca. Rinnovò il materiale sanitario non escluse le barelle. In occasione  dell’esposizione internazionale di Roma e degli Stati Uniti ricevette un premio per la sua lungimiranza e la sua concretezza.  Perorò, con tenacia, la vaccinazione antitifica obbligatoria nel personale militare della Marina, ed il provvedimento da lui sostenuto venne approvato con plauso dal Consiglio Superiore di Sanità del Regno. In Libia perse l’unico figlio, decorato di medaglia d’argento al valor militare. Nei suoi trionfi e nei suoi dolori, il Ten. Gen. Calcagno appare sempre più nobile, perchè modesto, umile. Insignito dell’alta onorificenza di Cav. Gran Croce della Corona d’Italia, nominato con R. Decreto del Maggio 1916 Giudice del Tribunale Supremo di Guerra (carica che tenne per oltre tre anni), venne anche indicato come rappresentante del Ministero della Marina ai Consiglio Direttivo della Benemerita Associazione della Croce Rossa Italiana.

 

 

BIOGRAFIA DI NICOLA MIRAGLIA

L’economista Nicola Miraglia figlio di un medico, Egidio, e di Emanuela Crecca, si trasferisce a Napoli presso uno zio per frequentare gli studi universitari. A Napoli, a seguito di un concorso, nel 1853 entra come allievo al Ministero dell’Interno borbonico e consegue la laurea in giurisprudenza nel 1858.   Dopo il settembre 1860, facendo parte della segreteria generale della Dittatura dell’Italia Meridionale, si propone come mediatore per placare le discordie sorte durante i moti garibaldini per la conquista del Mezzogiorno d’Italia. È, infatti, il Miraglia collaboratore del patriota Giorgio Pallavicino Trivulzio, prodittatore di Napoli, che conduce le trattative con Antonio Mordini, prodittatore della Sicilia, il quale chiede che Giuseppe Garibaldi resti dittatore a Napoli e in Sicilia fino all’unificazione totale del territorio italiano. Il Miraglia che gode della stima del Mordini, sa indurlo a convincere Garibaldi affinché rinunzi alla dittatura e bandisca i due Plebisciti risorgimentali del 21 ottobre 1860 per l’annessione all’Italia del Regno di Napoli e della Sicilia. E Garibaldi, seppure a malincuore, cede.  Nel  1861 è assegnato alla Direzione speciale di Napoli della Cassa ecclesiastica delle provincie meridionali, alle dipendenze del ministero di Grazia e Giustizia. Nel 1863 è promosso capo sezione. Nel 1864 si trasferisce nell’allora capitale del Regno d’Italia, Torino, ed entra nel Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, dove, dopo diversi avanzamenti di carriera e non ancora cinquantenne, nel 1883 è nominato direttore generale. Nel frattempo si è sposato (1876) con la contessa Elena Mazzarini, discendente di un’antica e benemerita famiglia patrizia di Lugo e degli Zauli di Baccagnano, un’altra antica famiglia nobiliare del XIII secolo delle colline di Faenza. Da tale matrimonio nasceranno i figli Luigi, futuro ammiraglio e senatore del Regno d’italia, Egidio e Giuseppe; a quest’ultimo, in particolare, l’amico Gabriele D’Annunzio dedicherà l’opera intitolata ‘Notturno’ dopo la prematura dipartita causata da un incidente aereo.

Nei primi anni Novanta Miraglia affianca all’attività burocratica quella politica. Il 6 novembre 1892, è eletto deputato al Parlamento della XVIII legislatura del Regno d’Italia per il collegio di Lagonegro. Miraglia continuerà ad interessarsi dei problemi dell’agricoltura, ancora molto sentiti in una nazione la cui economia è prevalentemente agricola, anche dopo il 1896, anno nel quale rinuncia alle cariche di burocrate amministrativo e politico per incompatibilità col ruolo di dirigente bancario che intende assumere:  Direttore al Banco di Napoli.  Miraglia inizia così la sua politica rigorosa di risanamento con un taglio al personale negligente e indisciplinato, l’allontanamento della clientela avvezza a un credito facile, il rafforzamento della cassa di risparmio, l’introduzione del servizio di trasmissione di denaro (rimesse) proveniente dagli emigrati italiani nelle Americhe e l’esercizio del credito agrario. Già dieci anni dopo si può fare un bilancio positivo registrando l’aumento della riserva di metalli preziosi, del portafoglio e dei fondi di riserva; anche il patrimonio, che inizialmente era in passivo, risulta ora in attivo. I meriti di Nicola Miraglia saranno ampiamente riconosciuti dall’amministrazione comunale di Napoli, la quale delibera nel 1924 la concessione della cittadinanza onoraria. Alla cerimonia di consegna dell’onorificenza è presente anche l’illustre chimico Antonio Cardarelli che, abbracciandolo, lo paragona metaforicamente a un medico delle finanze. Il 15 settembre 1926, a novantuno anni compiuti, partecipa all’ultimo consiglio di amministrazione e la banca delibera a suo favore un premio di liquidazione di un milione di lire. Abbandona, così, il Banco di Napoli col titolo di conte che gli era stato concesso dal re Vittorio Emanuele III il 9 maggio 1926 per intercessione del ministro delle Finanze Giuseppe Volpi. Nella fase di transizione per l’accreditamento della Banca d’Italia come unico istituto d’emissione, il Miraglia non manca di presentare orgogliosamente al capo del Governo, Benito Mussolini, un dettagliato rapporto sull’attività, durata trent’anni, che ha portato il Banco di Napoli dal disavanzo del 1896 a un bilancio in attivo di oltre 168 milioni di lire del 1926.  Dopo la sua morte, avvenuta il 26 marzo 1928, tra gli anni 1931 e 1939, è edificato a Napoli, per volere dello I.A.C.P. di cui era stato presidente, il rione Miraglia, ancora oggi accessibile attraverso un solenne ingresso e corrispondente all’attuale via Giambattista Marino nel quartiere Fuorigrotta.

 

BIOGRAFIA DI GIUSEPPE MIRAGLIA

L’aviatore di Marina Giuseppe  Miraglia nacque a Lugo di Romagna nel 1883. La città ha dato i natali a tanti piloti tra i quali, non si può non citare Francesco Baracca l’asso dell’aeronautica italiana. Suo padre era di Lauria ed è stato una delle personalità più importanti della seconda metà dell’Ottocento nel campo della politica e dell’economia.  La mamma Elena Mazzarini, era discendente di un’antica famiglia patrizia di Lugo, mentre la nonna materna, Daria degli Zauli di Baccagnano, apparteneva ad un’antica famiglia nobiliare del XIII secolo originaria dell’Appennino faentino. Suo fratello maggiore è Luigi, che come lui farà parte della Regia Marina, raggiungendo il grado di ammiraglio di squadra ed aiutante di campo del re Vittorio Emanuele III, e diverrà inoltre senatore nella XXX legislatura del Regno d’Italia.

Giuseppe frequentò le scuole a Napoli, dopodiché, nel 1900, entrò come allievo nella regia Accademia Navale di Livorno e venne nominato  guardiamarina nel Corpo di stato maggiore nel dicembre 1903. Venne poi  promosso sottotenente di vascello sull’ariete torpediniere Dogali nel dicembre 1908, per poi partecipare alla guerra italo-turca, imbarcato sulle RR. NN. Lombardia ed Emanuele Filiberto.È in questo periodo che s’interessa delle prime esperienze nelle scuole di volo, istituite dagli italiani in Libia, che faranno nascere in lui la passione per l’aviazione. Promosso al grado di tenente di vascello, dietro sua richiesta venne  destinato nel marzo 1914 presso la scuola idrovolanti di Venezia, diretta dal comandante della squadriglia San Marco. Appena una settimana dopo, compie il suo primo volo da allievo passeggero, che si conclude con un ammaraggio di fortuna, che ferirà lievemente il giovane Miraglia, procurandogli una non grave commozione cerebrale. Nonostante l’incidente, il lughese riuscì conseguire il brevetto di pilota d’aereo a Venezia il 13 settembre 1914.  Il 25 e 27 maggio 1915 Miraglia esegue, su comando dello Stato maggiore della Regia Marina, vaste ricognizioni su Pola. Memorabile il volo che il tenente di vascello Miraglia effettua sul cielo di Trieste il 7 agosto 1915 insieme col tenente del reparto Lancieri di Novara Gabriele D’Annunzio, al quale sarà legato, d’ora in poi, da una profonda amicizia.  Quell’azione, compiuta insieme con un velivolo italiano ed uno francese, venne riportata sulle pagine del Giornale d’Italia:  “Il velivolo condotto dal Comandante Miraglia, avendo a bordo Gabriele D’Annunzio, partì alle ore 3.30 del pomeriggio, sabato 7 agosto 1915, cominciando subito a prendere quota lungo la costa e giungendo sopra Trieste; alle 4.30 era già altissimo. Subito avvistato ebbe il caloroso saluto dai cannoni, dalle mitragliatrici e dai fucili. Fu lanciata una bomba sul magazzino militare Maria Teresa. L’apparecchio colpito da un proiettile di mitragliatrice, ebbe la fusoliera fracassata. Fece lunghi giri sulla città che appariva deserta. L’aviatore della Regia Marina, nel giorno del solstizio d’inverno, in una calma giornata di sole, poco dopo mezzogiorno, si alza in volo su Venezia con il fedele sottocapo motorista Giorgio Fracassini Serafini, ai comandi dell’idrovolante Macchi L matricola 173. Questo velivolo era stato appena consegnato dalla fabbrica e aveva effettuato un solo volo di prova col ten. di Vascello Ugo de Rossi, della squadriglia di Grado. Quel 21 dicembre 1915, dopo le prove di motore e la verifica a terra del buon funzionamento di tutti gli strumenti, Miraglia partì, compiendo sulla laguna un paio di giri, quindi risale ad una quota di circa seicento metri in venti minuti. Dal rumore del motore, sembra che il pilota sia in procinto di effettuare il volo planato per discendere pian piano con il motore parzialmente escluso, com’era la tipica manovra di Miraglia, arrivando così approssimativamente a trecento metri d’altezza davanti a Santa Maria Elisabetta del Lido. Da quel momento, le manovre del pilota appaiono confuse.  Miraglia e Fracassini, in quei brevissimi secondi prima dell’impatto, sono consci del loro destino, visto che cercano di liberarsi della tuta di pelliccia, della cuffia e degli occhiali, nell’imminenza della nuotata imprevista. Per primo è recuperato il corpo del pilota, da una lancia della Regia Marina, e subito gli viene praticata la respirazione artificiale, inutilmente, perché spira a seguito delle gravi lesioni riportate nell’urto; i resti del povero motorista, invece, vengono rinvenuti due ore dopo. Il cadavere del  L’annuncio della morte del Miraglia è un colpo per il poeta Gabriele D’Annunzio, che gli dedicherà ben sessanta pagine del suo poema Notturno. Egli si precipita di corsa all’ospedale, dove trova sopra un lettuccio a ruote, disteso il cadavere dell’amico. D’Annunzio gli rimane accanto per molte ore in ginocchio nella sala mortuaria, tra l’afa dei fiori e della cera. Nel silenzio assoluto, D’Annunzio pronunciò un lungo discorso, che ci conclude così:  “O fratello, fratello generoso ed infelice, mi sia almeno concessa la gloria di raggiungerti con le tue stesse ali e di portarti questo nostro amore che non sapevi così dolce, questo nostro dolore che noi non sapevamo così alto. Non addio, compagno, non addio. Con te siamo, con noi tu rimani. Con noi vincerai, e per te compiremo il tuo voto e il voto di tutti i nostri morti

Il re Vittorio Emanuele III, di sua iniziativa, conferisce alla memoria del Miraglia la medaglia d’argento al valor militare. Un importante riconoscimento gli è attribuito dalla Regia Marina, che intitola a suo nome la prima nave italiana con le prerogative di una portaerei, seppure priva di un ponte di volo: si tratta della regia nave Giuseppe Miraglia, che resterà in servizio per oltre vent’anni, fin dal 1º novembre 1927, e alla cui bandiera di combattimento, ricevuta il 23 giugno 1929, fa da madrina la contessa Elena Miraglia Mazzarini, madre dello stesso aviatore. La nave, che può ritenersi l’antenata del moderno incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi, è radiata il 15 luglio 1950, quindi smantellata.

Il 26 settembre 2009 si tenne   un’importante evento commemorativo in onore dell’aviatore Giuseppe Miraglia, per l’intitolazione di una piazza nel comune di Lauria, luogo natio del padre Nicola; alla cerimonia inaugurale fu presente anche una delegazione dell’amministrazione comunale di Lugo.

 

BIOGRAFIA DI NICOLA SANTO

 

Nicola Santo nacque a Lauria nel il 16 settembre 1882. Si trasferì per studiare all’Università di Napoli dove, cominciò ad interessarsi della radiotelegrafia escogitando un’apparecchiatura che avrebbe dovuto impedire, secondo lo scopritore, la collisione dei treni.

Per motivi professionali si spostò ulteriormente in Liguria dove venne subito notato per le sue qualità  le sue competenze. Il periodo genovese è avvolto da elementi di mistero. Infatti, secondo i parenti, in quella fase la sua vita fu più volte in pericolo. Alcune sue invenzioni probabilmente dettero fastidio agli industriali del tempo che vedevano nel lauriota un destabilizzatore di equilibri nel mondo del trasporto su rotaia. Non si può escludere che Nicola Santo fu al centro di vicende legate allo spionaggio industriale. Gli inizi del ‘900 furono densi di questi rivolgimenti perché tante furono le scoperte e le invenzioni. Ma la mente fertilissima dell’ing. Santo lo poneva su un piano diverso. Nella sua vita non pensò mai agli affari. In lui vi era  una straordinaria sete di conoscenza, al tempo stesso era attratto dalla realizzazione delle sue intuizioni. Era per davvero  e un talento di prim’ordine.

Trasferitosi a Parigi conobbe un’alta personalità nel campo dell’aviazione brasiliana: Alberto Santos-Dumont. Questo avvenimento segnò la vita dell’ingegnere lauriota.  Insieme si  recarono in Brasile dove il Santo costruì un “hangar” per dirigibili che trasformò successivamente in una grande e moderna officina di montaggio di velivoli dalla quale uscì il primo aereo costruito in Brasile. Studiò anche dei modelli di elicotteri. Fu nominato Direttore tecnico dell’Aviazione, carica che conservò fino al 1938. Le sue capacità si affermarono e vennero apprezzate. Gugliemo Marconi, in visita in Brasile con la nave ‘Elettra’,  volle conoscerlo di persona. Santo si dedicò ad alcune invenzioni legate alle trasmissioni senza fili dagli aerei (realizzò dei prototipo di rice-trasmittenti) così come si appassionò alla creazione di alcuni allarmi, in particolare un modello lo intitolò ‘Noli me tangere’ in onore della sua città d’origine. Progettò ponti, strade, palazzi e monumenti. Per un soffio il suo bozzetto non vinse il concorso indetto dal governo carioca per la realizzazione della statua del Redentore a Capocabana.

Per lunghi anni visse nell’indigenza più totale, colpevole di non aver chiesto la cittadinanza brasiliana per non perdere quella italiana. Morì il 7 gennaio 1963 con un desiderio nel cuore che si evince dalla sua corrispondenza con l’Italia: tornare a Lauria.

 

 

 

BIOGRAFIA DI MARIANO LANZIANI

 

Il pittore e decoratore Mariano Lanziani nacque  a Lauria il 12 febbraio del 1883. Fin da piccolo sviluppò la sua particolare inclinazione per il disegno e per i colori. Chi ebbe la fortuna di osservare le sue prime tavole percepì l’assoluto talento del ragazzo che venne molto ispirato anche osservando una serie di lavori di restauro di chiese e monumenti.   La famiglia Lanziani potè annoverare anche  un altro artista, Gaetano, fratello di Mariano. Tra i due vi fu uno feeling speciale e si aiutarono a perfezionarsi molto nel corso del tempo.  Il maestro Mariano perfezionò il suo stile nella ritrattistica. L’espressività che riusciva a dare ai soggetti era avvero inconfondibile. Nel suo laboratorio trovarono spazio anche i paesaggi, altro elemento distintivo del Lanziani.

La sua carriera di artista ebbe un grande slancio quando decorò alcuni palazzi gentilizi nella valle del Noce (Rivello in particolare), e quando il vescovo del tempo commissionò una serie di lavori al Lanziani in occasione del restauro della cattedrale di Policastro.

La bellezza del suo tratto e del suo stile affascinò tutti. Molti suoi lavori possono ammirarsi in Basilicata così come nella Campania meridionale. Le sue tele fanno ancora bella mostra di sé in tutt’Italia.

Durante la Prima Guerra Mondiale si distinse per una serie di lavori a sfondo militare suggeriti dal suo Comando. Gli ufficiali dell’Esercito in più occasioni si contendevano il pittore lauriota onorati di poter contare sui servizi di un artista così ispirato. Un aspetto molto importante è legato al suo laboratorio che ne corso del tempo divenne una fucina di giovani talenti. Molti ragazzi del tempo facevano visita al maestro che aveva per loro sempre utili consigli. A Mariano piaceva insegnare, gradiva il confronto con le giovani generazioni. Tanti sono stati gli artisti della ‘scuola del Lanziani’. Per tutti vi è certamente da citare Emilio Larocca, forse tra i prediletti dell’artista lauriota. Si pensi che alle’epoca il Larocca, a piedi attraversava la valle da Trecchina per partecipare alle attività del laboratorio del Lanziani.

Un aspetto molto importante per l’artista lucano fu il profondo senso religioso. Mlte opere sono ispirate al culto popolare dei santi e più in generale delle immagini sacre. Morì a Lauria il 10 marzo 1970. Una grande folla tributò l’ultimo saluto al più grande pittore che la città abbia mai avuto.

 

 

BIOGRAFIA DI ROCCO PAPALEO

 

Rocco (Antonio)  Papaleo nacque a Lauria nel 1958. La sua creatività non tardò ad emergere, infatti già da ragazzo insieme ad alcuni amici iniziò a dar vita a delle iniziative che furono assai innovative per il territorio. Da ‘Lauria Swing Story’ all’impegno nella Proloco con eventi di straordinaria qualità. Fu ospite importante del Marajazz così come partecipò al Cant’Italia che lo vide protagonista con la canzone “Ulisse”. Appassionato di pallone, è stato un centravanti scostate ma dal grande fiuto per il gol. Dopo le scuole secondarie si trasferisce a  a Roma per intraprendere gli studi universitari e inizia a muovere i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo come cabarettista, comico, attore teatrale, cantante e musicista.

Il suo primo debutto teatrale è nel 1985 con lo spettacolo di Salvatore di Mattia ‘Sussurri rapidi’. La notorietà si consolida grazie al ruolo televisivo di Rocco Melloni nella serie Classe di ferro (1989/1991) – per la quale ha anche scritto la sceneggiatura di alcune puntate – e Quelli della speciale (1992) diretti da Bruno Corbucci. In televisione lavora anche in altre miniserie quali Giornalisti (2000), Cuore contro cuore (2004), Tigri di Carta (2008) e nei film televisivi Vola Sciusciù (2000), Padre Pio – Tra cielo e terra (2000) e Cuore di donna (2002).

La sua carriera cinematografica inizia con ‘Il male oscuro’ di Mario Monicelli (1989) per poi proseguire con ‘Senza pelle di’ Alessandro D’Alatri e Con gli occhi chiusi di Francesca Archibugi (1994), ‘I laureati’di Leonardo Pieraccioni e ‘Ferie d’agosto’ di Paolo Virzì (1995), ‘Il barbiere di Rio’ di Giovanni Veronesi e ‘Cresceranno i carciofi a Mimongo’ di Fulvio Ottaviano (1996).

Nel 1997 interpreta il ruolo di protagonista nel cortometraggio ‘Senza parole’ di Antonello De Leo, candidato all’Oscar e vincitore del David di Donatello dello stesso anno. Nel 1998 è uno dei protagonisti di ‘Del perduto amore’di Michele Placido e nel 1999 di ‘La bomba’ di Giulio Base. Lo stesso anno partecipa anche al film ‘Viola bacia tutti’ di Giovanni Veronesi.

Con Leonardo Pieraccioni nasce un lungo sodalizio artistico che lo porta a interpretare vari personaggi nella veste surreale e comica tanto amata dal pubblico.

È del 2010 il suo esordio alla regia, con Basilicata coast to coast, film tratto da un testo per il teatro scritto dagli stessi Papaleo e Valter Lupo. Il film ottiene un buon successo di pubblico e di critica e la vittoria del David di Donatello, del Nastro d’argento e del Globo d’oro come miglior regista esordiente nel 2011.

Si cimenta nuovamente con la regia nel 2013 con il film ‘Una piccola impresa meridionale’, di cui è autore con Valter Lupo.  Nel 2012 presenta con Gianni Moradi il Festival di Sanremo. A gennaio 2014 è protagonista, con Paola Cortellesi e Luca Argentero di ‘Un boss in salotto’ di Luca Miniero.

Molto legato alla sua città e alla sua ‘lingua’ continua nel suo impegno di ricerca creativa.

 

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